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Lewis Hamilton, Lululemon e Ferrari: il vero problema è questo?
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Lewis Hamilton, Lululemon e Ferrari: il vero problema è questo?

Con tutto il caos che circonda la Ferrari in questo momento, era inevitabile che il “turno” di Lewis Hamilton da Lululemon scatenasse discussioni.

In pochi giorni abbiamo visto un po’ di tutto: Hamilton che definisce il 2025 la sua “peggior stagione di sempre” dopo il disastro di Las Vegas, una Ferrari ancora senza vittorie e sotto pressione, e le parole del presidente John Elkann che invita i piloti a parlare meno e guidare di più. In mezzo a tutto questo, spunta il video in cui Lewis si presenta in negozio con il badge da commesso e la borsa Lululemon rossa a tracolla.

Mentre il brand scrive: “Avete conosciuto il nostro nuovo Educator? L’ambassador @lewishamilton è in negozio per il suo primo turno ufficiale”, i clienti ridono, si emozionano, qualcuno trema quando capisce che il tipo alla cassa è in realtà un sette volte campione del mondo.

La domanda è semplice: con il GP del Qatar alle porte e solo altre due gare rimaste in stagione, è solo una comparsata simpatica o è un brutto segnale sul modo in cui viene vissuto il progetto Ferrari?

Quando l’ottica è peggio del contenuto

Diciamolo subito: come immagine, il tempismo è brutale.

  • Ferrari è nel pieno di una stagione disastrosa, lontana dalla lotta per il titolo.
  • Hamilton è reduce da un weekend da incubo a Las Vegas, con qualifica da ultimo in griglia e solo un piccolo recupero la domenica.
  • Elkann ha appena richiamato pubblicamente i piloti, chiedendo meno chiacchiere e più risultati.

Poi esce il video del negozio: Lewis che scherza con un “ho sentito che ha i soldi” indicando il cartellone con la sua faccia, i fan che commentano “employee of the month”, “side quest”, “quando lavorare in Ferrari non basta”. Se sei un tifoso Ferrari che ha difeso questo trasferimento fin dall’annuncio, è molto facile leggerla così:

“La macchina va piano, la stagione è la peggiore di sempre… e lui fa il commesso per uno sponsor. È davvero ossessionato dalla Ferrari?”

Dal punto di vista delle percezioni, in piena crisi, con Qatar e Abu Dhabi ancora da correre, è comprensibile che molti lo trovino fuori luogo.

Ma questo è davvero il problema della Ferrari?

Ora però veniamo alla parte scomoda: il turno da Lululemon non è il vero problema.

Queste attivazioni sono pianificate da mesi, fanno parte dei contratti, e tutti i top driver hanno giornate sponsor simili: shooting, eventi, contenuti social. La differenza è che non sempre finiscono virali nel feed di mezzo pianeta.

Il vero buco sta altrove:

  • Una vettura che continua a muoversi dentro e fuori dalla finestra di utilizzo giusta da pista a pista.
  • Scelte strategiche che ancora fanno male e creano frustrazione interna e tra i tifosi.
  • Una cultura in cui le tensioni finiscono troppo spesso in pubblico, tra team radio duri, dichiarazioni del presidente e facce scure davanti alle telecamere.

Tutto questo non si risolve vietando a Hamilton di toccare una cintura Lululemon.

Brand Hamilton contro Scuderia Ferrari

Dove invece la critica ha senso è sulla tonalità del messaggio.

In questo momento la narrativa Ferrari è tossica:

  • stagione definita “la peggiore” dallo stesso Hamilton;
  • nessuna vittoria, nessun podio con il Cavallino per lui finora;
  • il presidente che richiama i piloti sui media;
  • un ambiente che sembra più sotto processo che in costruzione.

Dentro questo contesto, il contenuto Lululemon – leggero, carino, molto “brand Hamilton” – viene percepito in modo diverso. Alimenta l’idea già diffusa tra alcuni tifosi:

“Mezzo pilota, mezzo lifestyle brand.”

I tifosi Ferrari, storicamente, vogliono vedere altro, soprattutto quando le cose vanno male:

  • un senso forte che la sconfitta fa male a tutti allo stesso modo;
  • la sensazione che, tra una gara e l’altra, esista solo l’ossessione di riportare la Rossa davanti;
  • meno “Hollywood”, più “Maranello chiusa a chiave finché non troviamo la soluzione”.

Si può essere icona di moda e killer in pista. Ma quando i risultati non arrivano, l’equilibrio cambia: ogni contenuto extra pista viene letto come una distrazione.

Che cosa dovrebbe cambiare Hamilton da qui in avanti

Alla domanda se debba prendersi “più sul serio” in Ferrari, la risposta va divisa in due piani.

Sul piano del lavoro, tutto quello che esce dal team e dai media parla di un Hamilton presente: ore di simulatore, briefing lunghi, lavoro tecnico sulla direzione della macchina. Nessuno racconta un pilota disinteressato.

Sul piano dell’immagine, invece, qualcosa va registrato. Questo non vuol dire cancellare sponsor e progetti, ma:

  • Scegliere meglio i momenti: i contenuti “leggeri” funzionano molto meglio quando l’aria non è già pesante dopo un weekend disastroso.
  • Collegare sempre il brand alla pista: bastava una frase tipo “mi ricarico un attimo prima del push finale a Lusail” per far capire che la priorità resta il campionato.
  • Mostrare la frustrazione nel modo giusto: i tifosi non vogliono un Lewis depresso, ma vogliono vedere che questa stagione lo brucia davvero e che userà tutto per spingere Ferrari in avanti.

Conclusione: non è la cintura Lululemon, è la pazienza Ferrari

Il turno da “Educator” non è uno scandalo. È un simbolo.

Racconta quanto sia sottile ormai la pazienza attorno a Ferrari: basta un contenuto pensato per essere simpatico e umano per trasformarsi subito in un dibattito sulla priorità del progetto, sull’impegno del pilota, sulla serietà del momento.

Il problema non è Hamilton che passa due ore in un negozio. Il problema è una squadra che, a fine stagione, si ritrova senza vittorie, senza podi del suo campione di punta e con un ambiente che vive ogni dettaglio come una provocazione.

Se quelle due ore da Lululemon gli serviranno per staccare la testa e arrivare più lucido in Qatar, va benissimo. Ma da qui ad Abu Dhabi il messaggio che i tifosi vogliono è uno solo:

meno caos, meno rumore, più fame. Poi, finita la stagione, può vendere tutta Lululemon che vuole.

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In pochi giorni abbiamo visto un po’ di tutto: Hamilton che definisce il 2025 la sua “peggior stagione di sempre” dopo il disastro di Las Vegas, una Ferrari ancora senza vittorie e sotto pressione, e le parole del presidente John Elkann che invita i piloti a parlare meno e guidare di più. In mezzo a tutto questo, spunta il video in cui Lewis si presenta in negozio con il badge da commesso e la borsa Lululemon rossa a tracolla.

Mentre il brand scrive: “Avete conosciuto il nostro nuovo Educator? L’ambassador @lewishamilton è in negozio per il suo primo turno ufficiale”, i clienti ridono, si emozionano, qualcuno trema quando capisce che il tipo alla cassa è in realtà un sette volte campione del mondo.

La domanda è semplice: con il GP del Qatar alle porte e solo altre due gare rimaste in stagione, è solo una comparsata simpatica o è un brutto segnale sul modo in cui viene vissuto il progetto Ferrari?

Quando l’ottica è peggio del contenuto

Diciamolo subito: come immagine, il tempismo è brutale.

  • Ferrari è nel pieno di una stagione disastrosa, lontana dalla lotta per il titolo.
  • Hamilton è reduce da un weekend da incubo a Las Vegas, con qualifica da ultimo in griglia e solo un piccolo recupero la domenica.
  • Elkann ha appena richiamato pubblicamente i piloti, chiedendo meno chiacchiere e più risultati.

Poi esce il video del negozio: Lewis che scherza con un “ho sentito che ha i soldi” indicando il cartellone con la sua faccia, i fan che commentano “employee of the month”, “side quest”, “quando lavorare in Ferrari non basta”. Se sei un tifoso Ferrari che ha difeso questo trasferimento fin dall’annuncio, è molto facile leggerla così:

“La macchina va piano, la stagione è la peggiore di sempre… e lui fa il commesso per uno sponsor. È davvero ossessionato dalla Ferrari?”

Dal punto di vista delle percezioni, in piena crisi, con Qatar e Abu Dhabi ancora da correre, è comprensibile che molti lo trovino fuori luogo.

Ma questo è davvero il problema della Ferrari?

Ora però veniamo alla parte scomoda: il turno da Lululemon non è il vero problema.

Queste attivazioni sono pianificate da mesi, fanno parte dei contratti, e tutti i top driver hanno giornate sponsor simili: shooting, eventi, contenuti social. La differenza è che non sempre finiscono virali nel feed di mezzo pianeta.

Il vero buco sta altrove:

  • Una vettura che continua a muoversi dentro e fuori dalla finestra di utilizzo giusta da pista a pista.
  • Scelte strategiche che ancora fanno male e creano frustrazione interna e tra i tifosi.
  • Una cultura in cui le tensioni finiscono troppo spesso in pubblico, tra team radio duri, dichiarazioni del presidente e facce scure davanti alle telecamere.

Tutto questo non si risolve vietando a Hamilton di toccare una cintura Lululemon.

Brand Hamilton contro Scuderia Ferrari

Dove invece la critica ha senso è sulla tonalità del messaggio.

In questo momento la narrativa Ferrari è tossica:

  • stagione definita “la peggiore” dallo stesso Hamilton;
  • nessuna vittoria, nessun podio con il Cavallino per lui finora;
  • il presidente che richiama i piloti sui media;
  • un ambiente che sembra più sotto processo che in costruzione.

Dentro questo contesto, il contenuto Lululemon – leggero, carino, molto “brand Hamilton” – viene percepito in modo diverso. Alimenta l’idea già diffusa tra alcuni tifosi:

“Mezzo pilota, mezzo lifestyle brand.”

I tifosi Ferrari, storicamente, vogliono vedere altro, soprattutto quando le cose vanno male:

  • un senso forte che la sconfitta fa male a tutti allo stesso modo;
  • la sensazione che, tra una gara e l’altra, esista solo l’ossessione di riportare la Rossa davanti;
  • meno “Hollywood”, più “Maranello chiusa a chiave finché non troviamo la soluzione”.

Si può essere icona di moda e killer in pista. Ma quando i risultati non arrivano, l’equilibrio cambia: ogni contenuto extra pista viene letto come una distrazione.

Che cosa dovrebbe cambiare Hamilton da qui in avanti

Alla domanda se debba prendersi “più sul serio” in Ferrari, la risposta va divisa in due piani.

Sul piano del lavoro, tutto quello che esce dal team e dai media parla di un Hamilton presente: ore di simulatore, briefing lunghi, lavoro tecnico sulla direzione della macchina. Nessuno racconta un pilota disinteressato.

Sul piano dell’immagine, invece, qualcosa va registrato. Questo non vuol dire cancellare sponsor e progetti, ma:

  • Scegliere meglio i momenti: i contenuti “leggeri” funzionano molto meglio quando l’aria non è già pesante dopo un weekend disastroso.
  • Collegare sempre il brand alla pista: bastava una frase tipo “mi ricarico un attimo prima del push finale a Lusail” per far capire che la priorità resta il campionato.
  • Mostrare la frustrazione nel modo giusto: i tifosi non vogliono un Lewis depresso, ma vogliono vedere che questa stagione lo brucia davvero e che userà tutto per spingere Ferrari in avanti.

Conclusione: non è la cintura Lululemon, è la pazienza Ferrari

Il turno da “Educator” non è uno scandalo. È un simbolo.

Racconta quanto sia sottile ormai la pazienza attorno a Ferrari: basta un contenuto pensato per essere simpatico e umano per trasformarsi subito in un dibattito sulla priorità del progetto, sull’impegno del pilota, sulla serietà del momento.

Il problema non è Hamilton che passa due ore in un negozio. Il problema è una squadra che, a fine stagione, si ritrova senza vittorie, senza podi del suo campione di punta e con un ambiente che vive ogni dettaglio come una provocazione.

Se quelle due ore da Lululemon gli serviranno per staccare la testa e arrivare più lucido in Qatar, va benissimo. Ma da qui ad Abu Dhabi il messaggio che i tifosi vogliono è uno solo:

meno caos, meno rumore, più fame. Poi, finita la stagione, può vendere tutta Lululemon che vuole.

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Barrie Jarrett – Editor, Presenter & Broadcaster – PlanetF1.it Barrie Jarrett porta una voce fresca e diretta nel mondo di PlanetF1.it. È l’uomo che prende le storie del paddock, le mescola con un po’ di passione da box e le serve in modo semplice, chiaro e senza fronzoli. Come editor, punta a notizie pulite e veloci, con un occhio per tutto ciò che spinge lo sport verso il futuro: tech, dati, corse autonome e il lato umano dei team. Come presenter, Barrie è la voce delle nostre dirette e dei nostri podcast. Stile caldo, vicino alla gente, zero parole inutili. Racconta la F1 come se fosse al pub con gli amici. Come broadcaster, porta contenuti che girano bene su ogni piattaforma: clip brevi, analisi leggere, commenti rapidi dopo le gare e speciali che vanno dritti al punto. A PlanetF1.it, Barrie è quello che tiene insieme passione, ritmo e un modo di raccontare la F1 che chiunque può seguire.

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